Jacques Attali durante l'intervista con Myrta Merlino
Quanto durerà la crisi finanziaria? E poi che cosa ci attende? Jacques Attali, intellettuale ed economista francese, risponde avvertendo: serve una forte organizzazione mondiale, altrimenti rischiamo la guerra.
“Panorama» anticipa !'intervista con Jacques Attali di Myrta Merlino per “Econmnix”, programma di Rai Educational in onda dal 24 ottobre ogni venerdì su Raitre.
di MYRTA MERLINO
"Se non riusciremo a creare un
governo mondiale diventeremo una Somalia planetaria". Poi: "le crisi finanziarie sono sempre state l'anticamera di una guerra. Oggi la sfida è quella di superare questa crisi senza passare per una guerra". E ancora: "Di fatto c'è già un governo mondiale che nessuno vede: è quello composto da Stati Uniti e Cina. E l'Europa è completamente fuori dai giochi". Infine: "Sono i contribuenti che pagano per gli sbagli dei banchieri. Anzi, prima i contribuenti, poi i consumatori indebitati e infine i risparmiatori che saranno spogliati dall'inflazione. Ma io non penso che la recessione sia inevitabile". Jacques Attali, l'unico consigliere del principe a cui piace di più stare sulla scena che dietro le quinte, accetta di parlare, per la prima volta, a 360 gradi, dopo lo scoppio della crisi finanziaria. Il più eclettico, discusso e influente degli inrellettuali-economisti francesi è come sempre caustico, ma vede una luce in fondo al tunnel. C'è, però, un pensiero che lo tormenta: "Io l'avevo detto. Nel rapporto della commissione per la crescita francese, che presiedo, avevo previsto la crisi e avevo indicato l'antidoto, ma nessuno ha voluto ascoltarmi".
E che cosa proponeva?
Pochi si sono accorti che, nelle 316 proposte della commissione, c'erano tre pagine sulla crisi finanziaria, sulla speculazione, sui pericoli dell'innovazione finanziaria senza regole, sulla necessità di mettere in atto riforme urgenti che oggi divengono meno importanti perché abbiamo lasciato sviluppare la crisi. Ma che, qualche mese fa, sarebbero bastate a calmarla. Semplicemente bisognava attuare queste riforme più rapidamente.
E come mai non le hanno dato retta?
Perché siamo stati vittime di un'ideologia totalitaria dell' ottimismo. È una cosa estremamente pericolosa che abbiamo importato dall'America. È la «positive attitude», che significa vedere soltanto il lato positivo delle cose, tutto si risolve, basta avere un pensiero positivo ... E tutti coloro che avevano un atteggiamento critico venivano messi da parte. Conosco molti economisti americani che sono stati licenziati semplicemente perché avevano previsto che ci sarebbero stati rischi. Il mondo ha scientificamente deciso che non bisognava ascoltare le cassandre e questo sta accadendo di nuovo con l'ambiente.
Vuole dire che la prossima crisi sarà quella climatica?
Esatto, e anche questa, come quella finanziaria, è una crisi prevedi bile. Ma se non agiremo immediatamente ci troveremo fra 30 anni, se non prima, con un problema climatico impossibile da risolvere così come ci appare oggi la questione dei mercati. Il rischio non sarà di una depressione, una recessione, ma della sparizione della specie umana. Cerchiamo di imparare dagli errori e di avere a proposito del clima più precauzione e più capacità di anticipare i problemi di quanto non abbiamo avuto per il sistema finanziario.
Tornando alla crisi finanziaria, lei cosa vede al di là della tempesta perfetta dei mercati?
E molto difficile saperlo. E come una partita di calcio: non abbiamo giocato neanche il primo tempo e siamo tutti giocatori della partita, non osservatori. Quindi molti futuri sono ancora possibili. La ragione profonda della crisi è che l'economia è globale, mondiale, ma non esiste uno stato di diritto mondiale. Il che vuoi dire che il mercato si è sviluppato senza diritto, in maniera illegale, o meglio in maniera alegale. Cioè: quello che è stato fatto non era contrario alla legge, ma non era regolato.
Come uscirne?
Sento spesso paragonare la fase attuale al '29, sento dire che ci vorrebbe un nuovo Roosevelt, ma non bisogna dimenticare che il primo keynesiano fu Benito Mussolini, il secondo Adolf Hitler e Franklin Delano Roosevelt fu solo il terzo. Soprattutto bisogna ricordare che non furono le grandi opere di Roosevelt, bensì l'ingresso degli Stati Uniti in guerra a portare il paese fuori dalla crisi. Quindi il nostro problema non è quello di passare dal '29 al '33, ma quello di passare dal '33 al '45 senza vivere la guerra.
E lei cosa propone per evitare il rischio di una guerra planetaria?
Oggi serve una vera organizzazione planetaria. Il dopo capitalismo è quello che sta nascendo con l'economia delle organizzazioni non governative, l'economia dell'altruismo in cui tutti riconoscono un interesse comune nel benessere degli altri. Non possiamo avere mercati mondiali senza un governo mondiale, altrimenti tutto assomiglierà all'unico paese che oggi possiede un mercato senza stato: la Somalia. Attenzione, se non riusciremo a creare un governo mondiale ci trasformeremo in una Somalia planetaria.
Quali sono le tre regole fondamentali sulle quali dovrebbe basarsi il nuovo ordine mondiale?
Innanzitutto serve una nuova istituzione come il Fondo monetario, il cui ruolo sarebbe quello di prestatore di ultima istanza del sistema finanziario. In secondo luogo, fissare regole che impediscano al sistema finanziario di svilupparsi in campi come quello del mercato interno, dove i fattori di speculazione sono molto pericolosi. E in terzo luogo immaginare dei meccanismi che impediscano alle banche dei paesi sviluppati di lavorare con le piazze finanziarie offshore. Oggi ci sono almeno 2 mila hedge fund, per il 70 per cento sono al di fuori dei paesi sviluppati, in paradisi offshore, che controllano decine di migliaia di miliardi di dollari. Se andiamo avanti di questo passo il mondo, all'improvviso, tornerà al Paleolitico.
Tutti sono convinti che la grande recessione è alle porte. Lei la considera già in atto? Quanto durerà e quanto sarà dura?
Innanzitutto non penso che la recessione sia un male inevitabile: abbiamo un potenziale di crescita mondiale straordinario. Tre anni fa la crescita mondiale era al 6 per cento, l'anno scorso al 5 e quest'anno, nonostante tutto, è ancora al 3. L'ironia è che la migliore previsione per l'anno prossimo riguarda l' Africa, che dovrebbe avere una crescita del 6 per cento. È ironico: l'Africa non è colpita dalla crisi proprio perché non ha un sistema finanziario al di là del microcredito. Questo dimostra che la recessione non è una certezza, tutto è ancora possibile per evitarla.