Ecco che finisce la globalizzazionedi Uriel - 16/11/2008
Fonte: Wolfsteep
Cosi' e' finito il G20 , e il documento che ne e' risultato e' un misto tra il vuoto ed il nulla. Per la precisione, e' un documento che va letto esattamente al contrario di come e' scritto.continua...
Che questo vertice avesse poco significato era chiaro nel momento in cui Barack Obama ha detto che non ci sarebbe stato. Non ci sarebbe voluto molto per farlo partecipare in qualche veste, non fosse altro che come nuovo presidente eletto della nazione ospite.
Ma l'assenza di Barack Obama e' un segnale molto forte, che lascia intendere quello che sappiamo gia': la ricetta di Barack Obama e' nazionalista, quasi protezionista.
Il suo programma per diminuire lo spaventoso disavanzo commerciale statunitense consiste nel riportare in casa la produzione, e per farlo intende punire sul piano fiscale le aziende che delocalizzano.
lunedì 17 novembre 2008
Fine della globalizzazione?
sabato 15 novembre 2008
World government
Quanto durerà la crisi finanziaria? E poi che cosa ci attende? Jacques Attali, intellettuale ed economista francese, risponde avvertendo: serve una forte organizzazione mondiale, altrimenti rischiamo la guerra.
“Panorama» anticipa !'intervista con Jacques Attali di Myrta Merlino per “Econmnix”, programma di Rai Educational in onda dal 24 ottobre ogni venerdì su Raitre.
di MYRTA MERLINO
"Se non riusciremo a creare un governo mondiale diventeremo una Somalia planetaria". Poi: "le crisi finanziarie sono sempre state l'anticamera di una guerra. Oggi la sfida è quella di superare questa crisi senza passare per una guerra". E ancora: "Di fatto c'è già un governo mondiale che nessuno vede: è quello composto da Stati Uniti e Cina. E l'Europa è completamente fuori dai giochi". Infine: "Sono i contribuenti che pagano per gli sbagli dei banchieri. Anzi, prima i contribuenti, poi i consumatori indebitati e infine i risparmiatori che saranno spogliati dall'inflazione. Ma io non penso che la recessione sia inevitabile". Jacques Attali, l'unico consigliere del principe a cui piace di più stare sulla scena che dietro le quinte, accetta di parlare, per la prima volta, a 360 gradi, dopo lo scoppio della crisi finanziaria. Il più eclettico, discusso e influente degli inrellettuali-economisti francesi è come sempre caustico, ma vede una luce in fondo al tunnel. C'è, però, un pensiero che lo tormenta: "Io l'avevo detto. Nel rapporto della commissione per la crescita francese, che presiedo, avevo previsto la crisi e avevo indicato l'antidoto, ma nessuno ha voluto ascoltarmi".
E che cosa proponeva?
Pochi si sono accorti che, nelle 316 proposte della commissione, c'erano tre pagine sulla crisi finanziaria, sulla speculazione, sui pericoli dell'innovazione finanziaria senza regole, sulla necessità di mettere in atto riforme urgenti che oggi divengono meno importanti perché abbiamo lasciato sviluppare la crisi. Ma che, qualche mese fa, sarebbero bastate a calmarla. Semplicemente bisognava attuare queste riforme più rapidamente.
E come mai non le hanno dato retta?
Perché siamo stati vittime di un'ideologia totalitaria dell' ottimismo. È una cosa estremamente pericolosa che abbiamo importato dall'America. È la «positive attitude», che significa vedere soltanto il lato positivo delle cose, tutto si risolve, basta avere un pensiero positivo ... E tutti coloro che avevano un atteggiamento critico venivano messi da parte. Conosco molti economisti americani che sono stati licenziati semplicemente perché avevano previsto che ci sarebbero stati rischi. Il mondo ha scientificamente deciso che non bisognava ascoltare le cassandre e questo sta accadendo di nuovo con l'ambiente.
Vuole dire che la prossima crisi sarà quella climatica?
Esatto, e anche questa, come quella finanziaria, è una crisi prevedi bile. Ma se non agiremo immediatamente ci troveremo fra 30 anni, se non prima, con un problema climatico impossibile da risolvere così come ci appare oggi la questione dei mercati. Il rischio non sarà di una depressione, una recessione, ma della sparizione della specie umana. Cerchiamo di imparare dagli errori e di avere a proposito del clima più precauzione e più capacità di anticipare i problemi di quanto non abbiamo avuto per il sistema finanziario.
Tornando alla crisi finanziaria, lei cosa vede al di là della tempesta perfetta dei mercati?
E molto difficile saperlo. E come una partita di calcio: non abbiamo giocato neanche il primo tempo e siamo tutti giocatori della partita, non osservatori. Quindi molti futuri sono ancora possibili. La ragione profonda della crisi è che l'economia è globale, mondiale, ma non esiste uno stato di diritto mondiale. Il che vuoi dire che il mercato si è sviluppato senza diritto, in maniera illegale, o meglio in maniera alegale. Cioè: quello che è stato fatto non era contrario alla legge, ma non era regolato.
Come uscirne?
Sento spesso paragonare la fase attuale al '29, sento dire che ci vorrebbe un nuovo Roosevelt, ma non bisogna dimenticare che il primo keynesiano fu Benito Mussolini, il secondo Adolf Hitler e Franklin Delano Roosevelt fu solo il terzo. Soprattutto bisogna ricordare che non furono le grandi opere di Roosevelt, bensì l'ingresso degli Stati Uniti in guerra a portare il paese fuori dalla crisi. Quindi il nostro problema non è quello di passare dal '29 al '33, ma quello di passare dal '33 al '45 senza vivere la guerra.
E lei cosa propone per evitare il rischio di una guerra planetaria?
Oggi serve una vera organizzazione planetaria. Il dopo capitalismo è quello che sta nascendo con l'economia delle organizzazioni non governative, l'economia dell'altruismo in cui tutti riconoscono un interesse comune nel benessere degli altri. Non possiamo avere mercati mondiali senza un governo mondiale, altrimenti tutto assomiglierà all'unico paese che oggi possiede un mercato senza stato: la Somalia. Attenzione, se non riusciremo a creare un governo mondiale ci trasformeremo in una Somalia planetaria.
Quali sono le tre regole fondamentali sulle quali dovrebbe basarsi il nuovo ordine mondiale?
Innanzitutto serve una nuova istituzione come il Fondo monetario, il cui ruolo sarebbe quello di prestatore di ultima istanza del sistema finanziario. In secondo luogo, fissare regole che impediscano al sistema finanziario di svilupparsi in campi come quello del mercato interno, dove i fattori di speculazione sono molto pericolosi. E in terzo luogo immaginare dei meccanismi che impediscano alle banche dei paesi sviluppati di lavorare con le piazze finanziarie offshore. Oggi ci sono almeno 2 mila hedge fund, per il 70 per cento sono al di fuori dei paesi sviluppati, in paradisi offshore, che controllano decine di migliaia di miliardi di dollari. Se andiamo avanti di questo passo il mondo, all'improvviso, tornerà al Paleolitico.
Tutti sono convinti che la grande recessione è alle porte. Lei la considera già in atto? Quanto durerà e quanto sarà dura?
Innanzitutto non penso che la recessione sia un male inevitabile: abbiamo un potenziale di crescita mondiale straordinario. Tre anni fa la crescita mondiale era al 6 per cento, l'anno scorso al 5 e quest'anno, nonostante tutto, è ancora al 3. L'ironia è che la migliore previsione per l'anno prossimo riguarda l' Africa, che dovrebbe avere una crescita del 6 per cento. È ironico: l'Africa non è colpita dalla crisi proprio perché non ha un sistema finanziario al di là del microcredito. Questo dimostra che la recessione non è una certezza, tutto è ancora possibile per evitarla.
Eurussia VS Chimerica
URL
... e infatti il corriere titola
URLSarkozy apre al Cremlino
«Congelare scudi e missili»Su due parole che nessuno pronuncia ma tutti hanno ben chiare, «opzione zero», Russia ed Europa tornano a capirsi
Senza dimenticarci del presidente del consiglio italiano che ha definito l'attuale politica estera russa una 'risposta alle provocazioni dell'amministrazione Bush'.
AAA Cercasi Messia
URL Papa: servono politici cattolici |
Coerenti con la fede e al servizio del bene comune |
(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 15 NOV - Il Papa ribadisce la necessita' di una generazione di politici cattolici coerenti con la fede e al servizio del bene comune.Benedetto XVI rilancia 'l'urgenza della formazione evangelica e dell'accompagnamento pastorale di una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacita' di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune'. |
lunedì 10 novembre 2008
Laicismo Made in USA
Ambasciatrice Usa in Vaticano: “Il laicismo fondamentalista minaccia l’America”
Con un articolo apparso il 29 ottobre su “L’Osservatore Romano”, l’ambasciatrice statunitense presso la Santa Sede Mary Ann Glendon attacca quello che definisce “laicismo fondamentalista”, che starebbe prendendo piedi questi ultimi decenni negli Usa, e sostiene l’idea papale di “laicità positiva”, vedendo di buon grado il recente invito di Benedetto a rafforzare i rapporti tra Usa e Vaticano. Come esempio emblematico di questa tendenza “laicista”, Glendon prende in considerazione la decisione della Corte Suprema del 1962 di eliminare l’obbligo di preghiera nelle scuole, che sarebbe un segno di una “laicità che voleva eliminare quasi tutte le vestigia di religiosità dalle istituzioni pubbliche in America”.
In particolare, “la legittimità di ogni forma di cooperazione tra le chiese e gli stati è oggi posta in dubbio”, spingendo istituzioni come scuole e ospedali di matrice religiosa “a dover affrontare scelte difficili”: ad esempio, nel 2006, Catholic Charities “ha dovuto abbandonare” il settore delle adozioni “dopo che lo Stato ha ordinato loro di permettere l’adozione anche a persone omosessuali”. A livello generale, la Corte tende sempre più ad interpretare il Primo Emendamento al fine di limitare l’invadenza della religione nella vita pubblica e garantire i diritti dei non credenti o di culti minoritari: “Questa interpretazione - basata su un concetto molto individualistico della libertà” sostiene l’ambasciatrice “ha per effetto di limitare la libertà religiosa di molte persone”. Nonostante vi siano delle eccezioni a questa tendenza, “non è un’esagerazione dire che, nella situazione attuale, il ‘modello positivo’ di laicità sta lottando per la sua vita”.
Obama Pro Aborto
Obama lavora a fianco di un vice presidente cattolico favorevole all'aborto e ha intenzione di ripristinare i finanziamenti precedentemente interrotti agli enti che supportavano questa forma di controllo delle nascite.
http://www.corriere.it/esteri/08_novembre_10/cambio_leggi_bush_39a33086-aef7-11dd-bbcd-00144f02aabc.shtml
Lo staff del presidente eletto vuole intervenire anche su ambiente, istruzione e sanità
Staminali e aborto, Obama
vuole cambiare 200 leggi di BushIntende modificare provvedimenti «politicamente divisivi». Ma la priorità resta il rilancio dell'economia
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Barack Obama (Afp)
WASHINGTON - Non appena insediato alla Casa Bianca, Barack Obama è pronto ad abolire o modificare almeno 200 decreti esecutivi o regolamenti amministrativi, varati dal governo di George Bush. Si tratta di provvedimenti dai forti connotati ideologici e «politicamente divisivi», con cui l'attuale amministrazione aveva sposato tutte le istanze della destra più conservatrice e di quella religiosa.Nel mirino sono fra gli altri il limite ai fondi federali per la ricerca sulle cellule staminali, le normative sulle emissioni di diossido di carbonio e su questioni sociali come l'aborto, alcune regole molto restrittive sull'immigrazione. La lista potrebbe allungarsi, se nel periodo ancora in carica George Bush dovesse approvare, come sembra tentato di fare, una sfilza di ordini esecutivi dell'ultima ora, nella speranza di irrobustire la sua legacy ideologica. Lanciata dal Washington Post, la notizia è stata confermata nelle sue linee generali da John Podesta, capo della squadra di Obama che prepara il passaggio dei poteri. Intervistato dalla Cnn, Podesta ha spiegato che il transition team ha già avviato un esame approfondito di tutti gli ordini esecutivi dell'amministrazione Bush, per consentire al nuovo presidente «di decidere quali vanno confermati, quali abrogati e quali modificati». Podesta non è voluto entrare nel merito, rifiutandosi di «anticipare decisioni non ancora prese». Ma ha aggiunto: «Che si tratti di trasformazione dell'energia, di migliorare la sanità o delle cellule staminali, stiamo guardando in ogni agenzia governativa per vedere come possiamo subito compiere dei passi in avanti».
L'enorme lavoro di revisione sta impegnando da mesi - «da agosto», ha precisato Podesta - una cinquantina di esperti. L'idea è identificare le aree, dove sia possibile per il nuovo presidente agire immediatamente, senza dover passare per il Congresso, dando così il senso forte di una svolta. Anche perché, come ha spiegato al Post la rappresentante democratica del Colorado, Diana DeGette, molte azioni di Bush non sono mai state inserite in una legge da mandare alle Camere: «Obama potrebbe quindi semplicemente abolirle con un ordine esecutivo». Il presidente-eletto è comunque molto attento a non inimicarsi anzitempo il Parlamento. «Prima di prendere qualunque decisione - ha spiegato ieri una portavoce di Obama, Stephanie Cutter - si consulterà con i leader congressuali di entrambi gli schieramenti, così come con i gruppi interessati. Ogni decisione verrà discussa con i suoi ministri, nessuno dei quali è stato ancora scelto». Anche se la priorità numero uno del futuro presidente rimane la risoluzione della crisi finanziaria e il rilancio dell'economia, Obama è quindi determinato a fare la differenza su temi più vasti. A cominciare dai cambiamenti climatici, dove fra l'altro ha promesso di rovesciare il divieto, imposto in dicembre da Bush alla California, di regolare in modo autonomo le emissioni di CO2 dalle automobili, tagliandole del 30% tra il 2009 e il 2016.
Paolo Valentino
10 novembre 2008